Che si tratti del confuso farfugliare di un bimbo di un anno o di una lezione magistralmente impartita da un professore universitario, il linguaggio è parte integrante del modo in cui veicoliamo i nostri pensieri e sentimenti. È anche un canale per la trasmissione della conoscenza. Quando è stata l’ultima volta in cui la vostra canzone preferita vi ha suscitato una forte reazione emotiva, o un discorso vibrante vi ha commosso? Il linguaggio può motivare, ispirare, ed opprimere le persone, in modi che mai avremmo potuto immaginare. Ma posto che il linguaggio è per gli umani uno strumento di tale rilevanza, si tratta di qualcosa che è naturalmente radicato in tutti noi, o è l’ambiente circostante che determina l’atto dell’apprendere?
QUAL È LA PARTE DI NATURA O CULTURA NELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO?
Alla natura pertiene il modo in cui ci sviluppiamo, come risultato di eredità genetica ed altri fattori biologici. Il colore degli occhi è un perfetto esempio di natura; ne sono responsabili dei geni predeterminati. Gli influssi ambientali non possono modificare il colore dei vostri occhi in maniera permanente; è un attributo con cui si nasce.
La cultura è l’acquisizione di certi tratti attraverso l’esperienza e l’apprendimento, dopo che veniamo concepiti. Potremmo non esser nati con l’amore per un particolare tipo di musica o un’affiliazione religiosa, ma attraverso fattori ambientali potremmo sviluppare un’affinità per certi aspetti dell’una o dell’altra. Non esiste un gene precodificato che decide chi decidiamo di venerare, o le credenze che sviluppiamo.
Entrambi gli esempi forniti per natura e cultura coprono il concetto nella sua forma di base, ma questa differenza fondamentale è stata oggetto di dibattito fin dal periodo elisabettiano. Le origini del linguaggio, ed il modo in cui gli umani si sono evoluti fino a svilupparlo come mezzo di comunicazione, hanno culminato in un’accesa disputa accademica fin dagli anni ’50, e poi via via fino al nuovo millennio.
DA DOVE È COMINCIATO IL DIBATTITO “NATURA CONTRO CULTURA”?
Gli eruditi si sono pronunciati a favore o contro entrambe le posizioni, determinando che l’una prevale sull’altra. La controversia è semplice: una delle due cause deve essere attribuita al modo in cui si sviluppano i tratti comportamentali umani, o diversamente altri mammiferi avrebbero sviluppato simili caratteristiche superiori. Cos’è che rende gli umani differenti dai nostri cugini ominidi, e perché questi ultimi non hanno sviluppato una maggior capacità di linguaggio? La risposta a tale domanda, in modo particolare, ha condotto due eminenti teorici a confrontarsi in un testa a testa sull’idea di “natura contro cultura”, portando il dibattito al centro della scena.
NOAM CHOMSKY
Nato il 7 dicembre 1928, Noam Chomsky è un americano che molti descrivono come “il padre della linguistica moderna”. Influenzata da personalità del calibro di Rudolf Rocker e George Orwell, la teoria di Chomsky, della natura come precursore dello sviluppo del linguaggio, ha avuto inizio con la pubblicazione di una sua recensione del libro di B.F. Skinner del 1975, “Il comportamento verbale”. La critica aperta metteva in questione la posizione di Skinner sul linguaggio, affermando che questi ignorava il ruolo della creatività umana in linguistica. All’insaputa di Chomsky, la recensione avrebbe elevato il suo status di intellettuale all’interno dei circoli accademici.
Lungo tutta la sua carriera avrebbe coperto molte posizioni eminenti ed influenti, in università, circoli linguistici, e perfino in contratti di ricerca con le forze armate. Malgrado molte delle sue teorie non siano state in grado di essere operative ad un livello pratico, segnatamente i suoi progetti con l’esercito, Chomsky è uno scienziato cognitivo incredibilmente affermato.
FREDERIC SKINNER
Come potete probabilmente immaginare, i teorici rivali non accettano volentieri che il loro lavoro venga criticato così pubblicamente. Fu comunque la mancanza di replica da parte di Skinner a far sì che i suoi colleghi tardassero ad adottarne le idee. Non soltanto omise di affrontare i punti sollevati da Chomsky, ma alcune delle sue teorie erano carenti di prove scientifiche, un elemento che giocava in favore di Chomsky. Ciò significa che il lavoro di B.F. Skinner è il punto debole riguardo allo sviluppo del linguaggio?
La critica di Chomsky dovrebbe esser vista come un fatto positivo. Pochi intellettuali prendono il tempo di leggere, capire, e criticare il lavoro di altri studiosi, a meno che non sentano che la teoria ha un qualche fondamento. Skinner sviluppò, da pioniere, degli strumenti scientifici nuovi ed appassionanti per quei tempi, cercando di provare che l’azione umana è dipendente dalle conseguenze di un’azione precedente. La sua teoria comportamentista andava molto più in profondità di un semplice caso di rinforzo negativo o positivo, ma il principio di base rimaneva lo stesso: perfino i comportamenti più complessi possono venir scomposti ed individuati come risultato di fattori ambientali.
LA FACCENDA È TANTO SEMPLICE DA AVERE UN SOLO VINCITORE EVIDENTE?
Il linguaggio, la mente umana ed il modo in cui ci comportiamo sarebbero semplici da comprendere se potessimo attribuire ad una sola teoria i nostri meccanismi interni. Fortunatamente per noi, la scienza, le teorie e la nostra indagine sul mondo sono un processo senza fine. E sempre più, si trova una nozione che rappresenta una combinazione delle altre due, natura e cultura, a supporto del nostro sviluppo linguistico.
Gli argomenti, da entrambe le parti, mantengono comunque una certa validità. Per la natura, vi è stata dopo di allora l’individuazione di uno specifico gene del linguaggio, FOXP2. Le ricerche hanno mostrato che la mutazione di FOXP2 porta la persona a soffrire di disturbi del linguaggio o dell’elocuzione, come conseguenza di una perturbazione a livello del sistema nervoso centrale.
Se prendiamo, come esempio di natura, qualcuno che soffre di questa mutazione, allora possiamo alla stessa stregua utilizzare la cultura per dimostrare in che modo possiamo sviluppare capacità linguistiche che vanno molto al di là di ciò che i nostri geni per natura ci consentono. Sebbene l’individuo in questione non possa mai arrivare a possedere la naturale abilità linguistica di un individuo con un gene FOXP2 normale, la capacità di apprendere, come risultato dell’ambiente che lo circonda, lo può aiutare a superare parzialmente quest’avversità.
LE DUE SONO INTRINSECAMENTE LEGATE
Se rimettiamo indietro le lancette all’iniziale concezione del linguaggio, è probabile che lo sviluppo delle nostre prime parole in quanto specie siano nate da una combinazione dei due aspetti, natura e cultura. Che si trattasse del bisogno di avvisare gli altri di una minaccia incombente – una circostanza all’ordine del giorno ai tempi della preistoria dell’umanità – o il desiderio di trasmettere informazione da parte di coloro dotati di geni superiori, appare come se la natura costruisse su preesistenti fondamenti biologici in modo da far progredire la comunicazione fra comunità, a dispetto di qualunque differenza nei geni.
IL FUTURO DELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO
Non è tanto questione di quale delle due costituirà il nucleo dello sviluppo del linguaggio, ma piuttosto in che modo le due contribuiranno a quell’entità in perenne evoluzione che il linguaggio rappresenta. Basta guardare all’utilizzo che la società fa degli emoticon nella comunicazione odierna, per vedere quanto potenti siano i fattori ambientali nell’influenzare la maniera in cui interagiamo. Se le fazioni di Chomsky e Skinner si metteranno mai d’accordo per non essere d’accordo, resta da vedere. Una sintesi di cui possiamo esser certi è questa: entrambe, natura e cultura, continueranno a dar forma allo sviluppo del nostro linguaggio, e pertanto il paesaggio linguistico sarà senza dubbio in avvenire molto diverso da quello che è oggi.