Tuffatevi nel mondo della linguistica, e perdetevi nel suo infinito mare di conoscenza. La grammatica è un aspetto della lingua particolarmente importante e seccante, con cui molta gente si trova in difficoltà. Gli insegnanti hanno a lungo dibattuto su quale sia il modo migliore di insegnare la grammatica, e perfino pubblicazioni di maggior rilievo cadono vittime di una sfilza di errori grammaticali. Quando confezionate dei contenuti in inglese per la vostra impresa o il vostro marchio, è essenziale stare alla larga dai più comuni errori di grammatica; questi suggeriscono che i vostri contenuti siano meno credibili o professionali di quanto pretendano di essere, contribuendo ad una mancanza di fiducia da parte del consumatore. Ecco 10 problemi di grammatica con cui di sicuro vi imbatterete abbondantemente. Assicuratevi che i vostri futuri contenuti non soccombano a questi errori facilmente trascurati.
1: ITS AND IT’S
La ragione tipica per cui si mette un apostrofo nel mezzo di una parola è quella di sostituire una lettera. Così è (“that is”) come funzionano le cose. O, per dirla in un altro modo, “that’s”. Usando un apostrofo, state in effetti combinando la parola “is” con il termine che la precede. Ciò si usa spesso tanto nell’inglese parlato quanto in quello scritto, specialmente quando si cambia “it is” con “it’s”. Di fatto, ciò è diventato tanto comune che la gente ha cominciato a scrivere la parola “its” senza apostrofo. Questo è corretto se lo “it” in questione è un possessivo, come in “Every dog has its day” (letteralmente “ogni cane ha il suo giorno”, ovvero “ognuno ha il suo momento di gloria, NdT). Non è però corretto se quello che volete dire è “it is”. Se ad essere implicata è la parola “is”, allora dovete usare l’apostrofo. Non avrebbe senso dire “Every dog has it is day”, perciò non scrivete “Every dog has it’s day”.
2: APOSTROFI
Ci sono altri modi in cui gli apostrofi contraggono le parole insieme fra loro, come in “couldn’t”, una contrazione di “could not”. Un apostrofo può indicare anche il possesso, come in “Aunt Kelly’s pipe” (“la pipa di Zia Kelly”). Se, tuttavia, Kelly possiede molteplici pipe, si potrebbe dire “Aunt Kelly’s pipes”. Non scrivete però “Aunt Kelly’s pipe’s”, dato che non si deve usare l’apostrofo per indicare la pluralità. Non state a pensarci troppo su. Chiedetevi soltanto se una parola sta venendo sostituita oppure no. Nel caso di “pipes”, non si dà sostituzione: è semplicemente il plurale di “pipe”. Un’eccezione alla regola sono le lettere minuscole. “Cross your ts” (“mettete la barretta alle vostre t”) può creare confusione, quindi è corretto scrivere “cross your t’s”.
3: THEN AND THAN
Le parole “then” e “than” si prestano a confusione con esasperante frequenza. “Then” si riferisce al tempo. “Than” si usa per comparare delle cose. Potete parlare di quanto le cose “fossero molto meglio allora”: “things were much better back THEN; much better THAN they are now”; ovvero, “molto meglio di come siano ora”. Quindi non confondeteli. Voi siete meglio di (“than”) così. Ma allora (“then”), prima che imparaste la differenza fra “then” e “than”, eravate meno informati di quanto (“than”) siate ora. E dunque (“then”), fate meno errori di quanti (“than”) ne faceste prima, perché avete chiara la differenza fra “then” e “than”. Tutto chiaro? Ottimo.
4: THEIR, THERE, AND THEY’RE
“There, there”: ecco, ecco. Tutti commettiamo errori. Parte del riconoscere i nostri errori è fare attenzione a non ripeterli in futuro. Tutti hanno le loro (“their”) difficoltà, queste sono (“they’re”) le loro (“theirs”), ed hanno il compito di correggerle. Vi è stata chiara quest’ultima frase? Le difficoltà appartengono alle persone, dunque sono “le loro” (“theirs”). Quando si fa riferimento a queste difficoltà, possiamo dire che “esse sono” (“they are”) le “loro” (“their”) difficoltà, ovvero “they’re their problems”. Queste parole suonano quasi esattamente nello stesso modo, insieme con una terza parola, “there”. La gente confonde continuamente questi termini. Quando scrivete, accertatevi della differenza. “There” si riferisce di solito ad una ubicazione fisica. “Their” si riferisce al possesso. “They’re” lo trovate quando dite “they are”.
5: THAT, WHO, AND WHICH
Considerate sempre il contesto delle parole che state utilizzando. “Which” si riferisce tipicamente ad una serie di oggetti od opzioni, specialmente quando lo si adopera all’inizio di una domanda. Spesso però, “which” aggiunge un’informazione supplementare ma non essenziale. Certe frasi si disgregano senza la parola “that”, perché essa si riferisce ad un qualcosa di essenziale al significato della frase. C’è chi usa “which” quando il termine corretto in realtà sarebbe “that”. Potete determinare questa distinzione basandovi sull’importanza di ciò che sta venendo discusso. In ogni caso evitate entrambi, ed usate “who”, quando vi state riferendo a delle persone.
6: FEWER AND LESS
Fate attenzione a non confondere “fewer” e “less”. Nell’espressione orale di tutti i giorni, si sente spesso la gente dire “less”, pensando che si riferisca alla quantità. Ma in realtà non è così, poiché “quantità” denota una serie di oggetti individuali. Quindi le persone potrebbero scrivere qualcosa del genere “La squadra sta vincendo meno (“less”) partite di un tempo”. Il significato si trasmette comunque, quindi è facile che quest’errore passi inosservato. Ma il modo corretto di formulare la frase sarebbe “La squadra sta vincendo meno (“fewer”) partite di un tempo”.
Dovete usare “fewer” per le cose che state contando, e “less” per concetti più astratti. Per esempio, si potrebbe dire “la squadra sta giocando con meno (“less”) forza di un tempo”. Non esiste una scala definitiva per la forza, ma è possibile osservare un certo declino generale. Altri concetti come tempo e denaro vengono quantificati tramite delle unità, ma è accettabile dire che si ha “meno (“less”) denaro”. Il denaro è un concetto generale, quindi non occorre specificare che si hanno “meno (“fewer”) dollari”.
7: I.E. AND E.G.
Ricordate quest’importante distinzione: “i.e.” significa “in altre parole”, mentre “e.g.” significa “per esempio”. Se state riportando esempi specifici di ciò che avete appena menzionato, usate “e.g.”. Se però state chiarendo qualcosa e ribadendo un singolo punto importante, allora userete “i.e.”. Un modo per aggirare il problema è seguire ciò che il filosofo Alan Watts faceva nelle sue lezioni: Watts adoperava molto di frequente l’espressione “that is to say”, ovvero “vale a dire”. Ma se avete chiaro quali lettere siano adeguate per ciascuna finalità, sarebbe più efficace d’ora in avanti impiegare le abbreviazioni.
8: PREPOSIZIONI
Ci sono alcune questioni grammaticali che hanno finito per diventare oggetti di controversia aspramente dibattuti. Molto c’è da dire riguardo alla fluidità della lingua, man mano che le culture cambiano con il passare del tempo. Ma allo stesso tempo, certe cose in una frase suonano proprio sbagliate. Winston Churchill era particolarmente infastidito da un mutamento linguistico che aveva osservato, secondo cui sempre più gente aggiungeva preposizioni alla fine delle frasi. Le preposizioni sono particelle che rivelano la relazione fra un sostantivo o pronome e altre parole nella frase.
Un’auto potrebbe star muovendosi “sulla strada”, “per la strada”, “dalla strada”, e così via. Terminare una frase con una preposizione come “a” o “per” non è grammaticalmente corretto. Questa è una tendenza che Churchill non avrebbe sopportato. Ne dava un esempio dicendo che terminare le frasi con preposizioni era un qualcosa “con cui a patti non potrei venire” (nell’esempio inglese, “up with which I will not put”). È più fattivo terminare una frase in questo modo che concluderla con una preposizione come “con” (come nell’esempio “would not put up with”). Churchill era un personaggio controverso, il cui lascito stesso è fonte di opinioni contrastanti, ma vinse comunque un Nobel per la letteratura. Quindi, quando si tratta di scrittura, accettare la sua opinione in tema di preposizioni non è proprio la cosa peggiore che potreste fare.
9: LETTERALMENTE
Vi sono nella lingua altri mutamenti controversi, che stravolgono il significato di una parola. Si può dare perfino il caso di un vocabolo che viene impiegato nel senso opposto del suo significato. Ciò è avvenuto con la fin troppo comune espressione “letteralmente”. Si dovrebbe usare questa parola esclusivamente in una descrizione accurata di fatti realmente accaduti.
Negli ultimi anni, la gente ha preso ad ignorare questa regola, e ad usare “letteralmente” in senso figurato. Può accadere di sentir dire qualcosa come “Faceva così caldo oggi, che stavo letteralmente prendendo fuoco”. No, non è vero. A meno che la conversazione non stia avendo luogo in un reparto grandi ustionati. Ciò che questa persona voleva esprimere è che SI SENTIVA come se stesse prendendo fuoco. Quest’impiego scorretto del termine “letteralmente” è diventato così dilagante che lo Oxford English Dictionary ne ha integrato la definizione. Tutti insieme, possiamo rovesciare questa pessima decisione e fare in modo che “letteralmente” venga utilizzato in maniera appropriata.
10: THEY, THEM, AND THEIR
“They” è il pronome personale di terza persona plurale. Viene usato tipicamente per designare più di una singola unità o persona. Fate attenzione a non usare i pronomi personali per un’entità composta di più persone. Qualcuno potrebbe far riferimento ad un’azienda impiegando termini plurali, poiché si tratta di un’organizzazione con molte persone che vi lavorano. Eppure, l’azienda nel suo complesso è un’entità singola. Dunque un’azienda non diffonderà “il loro comunicato stampa” (“their press release”), ma piuttosto “il suo comunicato stampa” (“its press release”). Esiste un contesto in cui l’uso di “they”, e dei pronomi correlati “them” e “their”, potrebbe essere appropriato se riferito ad una singola persona.
In un altro esempio di cultura che influenza la lingua, alcune persone transessuali si identificano con il pronome “they”, usato come pronome singolare di genere neutro. Questo si verifica con un sottogruppo di persone trans che si identificano come non-binarie; che cioè non si allineano completamente con l’uno o l’altro genere. Lungi dall’essere un capriccio moderno, vi son state nel corso della storia umana delle civiltà che hanno accolto questo tipo di identità di genere. Sta diventando sempre più accettabile l’uso di “they” come pronome singolare nel caso di una persona trans non-binaria. Se non altro, questo potrebbe costituire un esempio più positivo di convenzione linguistica alterata dalla cultura.